Sviluppo sostenibile o Ecosviluppo
Negli ultimi anni lo scarto tra crescita economica e risorse naturali disponibili
ha assunto ormai proporzioni drammatiche. Oggi non si può pensare
a un progresso economico che non tenga conto dell’ecologia, nell’ambito
di una nuova visione dinamica delle relazioni tra uomo e ambiente.
Per riuscire ad integrare principi di efficienza e prospettive di crescita
economica con obiettivi di rispetto e tutela ambientale, è stato
introdotto il concetto di “sviluppo sostenibile”: lo sviluppo
che è in grado di soddisfare i bisogni delle generazioni attuali
senza compromettere la possibilità che le generazioni future riescano
a soddisfare i propri (Commissione Mondiale su Ambiente e Sviluppo, Onu,
1987). Poiché le risorse naturali non sono illimitate, è necessario
cercare di preservare intatto l’ambiente per garantire la sopravvivenza
delle prossime generazioni.
Le dimensioni economiche, sociali e ambientali sono strettamente correlate,
ogni intervento di programmazione ne deve tenere conto.
Occorre fare ricorso a risorse naturali “rinnovabili”, cioè
facilmente rigenerabili e non inquinanti. Il carbone e il petrolio sono
fonti energetiche fortemente inquinanti e limitate quantitativamente, bisognerebbe
preferire invece forme di energia “pulite”, come quella solare,
quella eolica o quella geotermica, ecc. Lo stesso discorso vale per l’agricoltura,
dove è possibile potenziare quelle pratiche di coltivazione biologica
che fanno in gran parte uso di fertilizzanti organici, rotazioni colturali,
diserbanti naturali (preparati vegetali, minerali e animali che non provengano
da sintesi chimica). La coltivazione è attenta a non danneggiare
il suolo, ma piuttosto a valorizzarlo.
È stato introdotto un nuovo concetto che mira a valutare l’impatto
dell’uomo sull’ambiente, “l’impronta ecologica”,
che Gianfranco Bologna (Segretario aggiunto per gli affari scientifici e
culturali del WWF Italia) ha così definito nell’Introduzione
all’edizione 2004 del libro “L’impronta ecologica”
di Wackernagel e Rees: l’area totale degli ecosistemi terrestri e
acquatici richiesta per produrre le risorse che la popolazione umana consuma
e assimilare i rifiuti che la popolazione stessa produce. Il merito di questo
nuovo strumento è sicuramente quello di sensibilizzare l’opinione
pubblica sulla stretta dipendenza che lega l’uomo all’ambiente
e, quindi, sull’importanza di portare avanti un progetto di sviluppo
sostenibile.
Una grave problematica, che da qualche anno si sta profilando all’orizzonte,
è costituita dai paesi del Sud del mondo, soprattutto quei paesi
che si stanno avviando ora verso uno sviluppo. Emulando il modello di sviluppo
dei paesi ricchi stanno ripetendo gli stessi errori. In questa prospettiva
alcuni studiosi hanno affermato la possibilità di forme di sviluppo
diverse compatibili con l’ambiente. La realtà è però
assai diversa: da una parte il modello mercantilistico (prevede uno sfruttamento
massiccio delle risorse naturali e mira ad accrescere in larga misura le
esportazioni) è ormai penetrato nel sistema economico di quei paesi,
dall’altra forme economiche alternative hanno trovato spesso una difficile
applicazione. Il miglioramento delle condizioni di vita dovute a un rapido
sviluppo industriale, come quello che ha coinvolto il Sud-Est asiatico,
spinge la gente a preferire nettamente questo tipo di sviluppo, anche se
ha provocato disastri ambientali irreversibili.
In alcuni paesi, solitamente i più ricchi, si sta affermando una
coscienza ecologica grazie all’azione di tenaci movimenti ambientalisti,
mentre nei paesi più poveri l’intervento a favore dell’ambiente
è delegato per lo più a organizzazioni internazionali, che
si fanno carico di promuovere progetti e programmi di sviluppo sostenibile.
Infine è giusto ricordare il Protocollo di Kyoto, atto esecutivo
che contiene obiettivi legalmente vincolanti e un programma operativo di
intervento a favore dell’ambiente firmato nel 1997 a Kyoto (Giappone)
da oltre 160 paesi durante la Conferenza delle parti (COP3) della Convenzione
Quadro sui Cambiamenti Climatici (United Nation Framework Convention on
Climate Change). Il Protocollo impegna i paesi industrializzati a ridurre,
entro il 2010, complessivamente del 5,2% le principali emissioni di gas:
anidride carbonica, metano, protossido di azoto, fluorocarburi idrati, perfluorocarburi,
esafloruro di zolfo. Il Protocollo poteva entrare in vigore dopo 90 giorni
dalla ratifica da parte di quei Paesi che erano responsabili di almeno il
55% delle emissioni responsabili dell’effetto serra, secondo i dati
relativi al 1990. Con la sottoscrizione della Russia nel 2004 si è
finalmente superata tale quota.
La misura è in realtà blanda rispetto alla gravità
della situazione, ma i vincoli in materia energetica sono difficili da imporre
e si può considerare il Protocollo come un primo risultato positivo.
Quale sviluppo?
Vi è una corrente
tra gli economisti e gli scienziati che critica aspramente il concetto stesso
di sviluppo, concetto nato nell'ambito del neoliberalismo. Secondo questi
autori lo "sviluppismo" è una teoria che parte da un presupposto sbagliato:
che si possa ottenere per tutti la prosperità materiale, cosa che è evidentemente
insostenibile per il pianeta. Secondo S. Latouche, "bisogna
mettere in discussione i concetti di crescita, povertà, bisogni fondamentali,
tenore di vita e decostruire il nostro immaginario economico, chiamando così
in causa l'occidentalizzazione e la mondializzazione". Non è quindi utile proporre nuove forme di sviluppo,
che appaiono come varianti dello stesso concetto, ma occorre pensare a una
forma alternativa allo sviluppo, come la decrescita conviviale e il localismo.
"Al di fuori dei miti che fondano la pretesa del dominio
della natura e la credenza nel progresso, l'idea di sviluppo è totalmente
priva di senso e le pratiche che ne derivano sono rigorosamente impossibili
perché impensabili e proibite" (S. Latouche, Come sopravvivere allo
sviluppo, Bollati Boringhieri,
Torino, 2005, p.64)
"Il bene e la felicità si possono realizzare a minor
prezzo. La riscoperta della vera ricchezza nel dispiegamento delle relazioni
sociali conviviali, all'interno di un mondo sano, può avvenire con serenità
praticando la frugalità, la sobrietà e anche una certa austerità nel consumo
materiale, in sostanza quello che alcuni hanno promossocon lo slogan gandhiano
o tolstoiano della <<semplicità volontaria>>" (S.
Latouche, id.,
p.78).
- Quali influenze possono avere queste teorie nel nostro vivere quotidiano?
- Prova ad applicare una di queste teorie a un paese in via di sviluppo che conosci molto bene. Quali le possibili iniziative? Quali gli scenari futuri?
- Dopo aver approfondito gli argomenti delinea una tua teoria sulle possibilità di miglioramento della società umana.