Le opere
Nel secolo diciannovesimo si affermava il mito del progresso, di fronte
al quale arte e cultura perdevano significato se non venivano accompagnati
da un valore di utilità e produttività. Wilde si oppone difendendo
il valore dell’ “arte pura”, esprimendosi nelle sue opere
tramite il paradosso: figura che capovolge il luogo comune, minando alla
base delle credenze date per certe e insinuando il sospetto del contrario.
Vi presentiamo due tra le più belle opere scritte da Oscar Wilde: la prima,
"Il ritratto di Dorian Gray", è un romanzo, la seconda, "L'importanza di
chiamarsi Ernesto" è una commedia teatrale.
Il ritratto di Dorian Gray
Dorian Gray, giovane bello e affascinante, si lascia sedurre dalle teorie
di Lord Henry Wotton, che elogia il valore della bellezza, bene prezioso
quanto fugace e quindi meritevole di essere vissuto intensamente. Inseguendo
la bellezza e il piacere Dorian si lascia andare ad ogni sorta di vizi e
capricci, che tuttavia non lasciano segni né tracce sul suo corpo perché
un sortilegio fa sì che a deturparsi e a invecchiare sia il suo ritratto.
Dorian giunge ad uccidere l'autore del suo ritratto, che lo rimproverò aspramente
per il suo stile di vita. In seguito a questo avvenimento il ritratto si
deturpò orribilmente, Dorian non sopportandone la vista squarcia il ritratto
con un coltello. Per effetto del sortilegio che lo teneva legato al ritratto,
Dorian muore trasformandosi in uno sgradevole vecchio, mentre il ritratto
ritorna a mostrare Dorian quando era ancora giovane e affascinante.
Attraverso un'affascinante allegoria Oscar Wilde esalta il valore assoluto
ed eterno dell'arte, che trionfa sugli orrori e le immoralità di cui è intessuta
la vita.
Al centro degli interessi dell'esteta è il culto della bellezza e della
forma, considerati come valori fini a se stessi. Vengono quindi privati
di uno scopo educativo e morale. L'arte, secondo il principio decadente,
acquista un significato assoluto e quindi occorre evitare ogni contaminazione
con la realtà. In questi termini il rapporto arte-vita viene rovesciato:
non è l'arte a imitare la vita, ma la vita a imitare l'arte. La tradizione
letteraria e le sue tendenze dominanti, come il romanticismo e il realismo,
sono rifiutate perché dipendenti dalla realtà.
Possiamo perdonare a un uomo l'aver fatto una cosa utile se non l'ammira.
L'unica scusa per aver fatto una cosa inutile è di ammirarla intensamente.
Tutta l'arte è completamente inutile.
(O. Wilde, Il ritratto di Dorian Gray, a cura di F. Marenco, Garzanti, Milano,
1991)
L'importanza di chiamarsi Ernesto
Ingrediente fondamentale della commedia è l'assoluta inconsistenza dei personaggi
e l'inverosimiglianza della vicenda. Lo stesso titolo non ha significato,
il suo unico scopo è l'eleganza della formulazione, concetto ripreso più
volte nell'arco della commedia. I dialoghi sono costituiti da schermaglie
verbali tanto preziose quanto assurde. La critica non accolse favorevolmente
l'opera per la leggerezza e la superficialità che esibiva. Ma la forza
dell'opera sta proprio nel suo disimpegno ostentato: pur facendo a meno
di verità psicologiche o poetiche Oscar Wilde riesce a creare un elaborato
gioco formale, che ammicca alla classe borghese dell'epoca.
Noi viviamo, come spero lei sappia, signor Worthing, in un'epca
di grandi ideali. Se ne parla costantemente nelle riviste mensili più costose,
e la cosa, a quanto mi si dice, ha raggiunto anche i pulpiti di provincia;
ora, il mio ideale è sempre stato quello di amare una persona che si chiamasse
Ernest. C'è qualcosa in questo nome che ispira una assoluta fiducia.
(O. Wilde, L'importanza di chiamarsi Ernesto, a cura di L. Lunari, BUR, Milano,
1997)