Il terzo mondo oggi
Molti paesi del Terzo mondo si sono trovati ad affrontare condizioni naturali
difficili (il clima, la qualità dei terreni, la scarsità di
risorse minerarie, …), che già prima del colonialismo ne avevano
ostacolato la crescita economica. Questo è il caso dell’Africa,
mentre altri paesi, come l’India e la Cina, avevano conosciuto, in
passato, epoche di benessere. Occorre ora analizzare alcuni aspetti che
costituiscono degli ostacoli al superamento di una tale situazione di povertà
e miseria.
Scambi ineguali
I paesi in via di sviluppo fondano la loro economia soprattutto sull’esportazione
delle materie prime o dei prodotti agricoli. Sul mercato internazionale
i prodotti dell'industria hanno più valore e, quindi, sono pagati
più cari: l’uso dei macchinari e la manodopera costituiscono
un “valore aggiunto”, cioè il valore dell’oggetto
in sé è accresciuto (“aggiunto”) proprio dal lavoro,
dal tempo e dal costo necessario per produrlo.
Ma le materie prime sono altrettanto preziose, tanto più che alcune
di esse, come alcuni minerali, sono destinati ad esaurirsi; non solo, ma
ricavare la materia prima comporta del lavoro (spesso faticoso e rischioso
per la salute, basta pensare al lavoro delle miniere), del tempo e del denaro
(se è un minerale occorre estrarlo dalla roccia, se è un prodotto
agricolo occorre coltivarlo e raccoglierlo).
Ne consegue che i paesi in via di sviluppo ricavano dalle esportazioni poco
denaro, ma ne devono spendere molto di più per rifornirsi di manufatti
e prodotti industriali, così si indebitano con i paesi industriali.
La situazione diventa drammatica in quei paesi la cui economia si fonda
soprattutto sull’esportazione di un unico prodotto: quando il prezzo
di tale prodotto si abbassa, il ricavato per il paese che lo esporta si
abbassa oltre la soglia minima che già a stento raggiungeva prima,
inizia così una grave crisi economica.
Per uscire dal sottosviluppo un paese si trova di fronte ad alcune possibili
soluzioni: ad esempio, può ricercare l’“autosufficienza
alimentare”, questo significa che dovrà sviluppare l’agricoltura
in modo da poter sfamare a sufficienza la popolazione senza dipendere dai
prezzi che altri paesi più ricchi impongono; oppure può sviluppare
la produzione di prodotti diversi, in modo tale che, se il prezzo di uno
crolla, gli altri prodotti assicurano una quota minima di ricavato. Purtroppo
diversi fattori, come le guerre, la fame della popolazione, la corruzione
di coloro che si trovano in posizioni di potere (politici, militari, anche
semplici amministratori), ecc., rendono difficile, in alcuni casi impossibile,
uscire dalla stagnazione economica in cui il paese si trova.
Le guerre e il commercio di armi
Nei paesi poveri prendono facilmente il potere governi dittatoriali che
reprimono ogni libertà e contrastano le ribellioni con le armi. Le
ragioni di tante guerre e conflitti interni risalgono alla fase successiva
al colonialismo. Tra il 1947 e il 1960 le due maggiori potenze mondiali,
Stati Uniti e Unione Sovietica, si fronteggiavano in quella che è
stata definita “guerra fredda”: una guerra mai dichiarata apertamente
che ha caratterizzato anni di tensione in cui le due grandi potenze mondiali
si sono riforniti delle armi più pericolose, come la bomba atomica.
Le due potenze rivali, cercando il consenso del maggior numero di paesi,
favorirono regimi militari e repressivi fornendo loro armi in abbondanza.
Ora quelle armi sono impiegate in conflitti di tipo diverso, originati da
differenze etniche (un popolo contro l’altro) o religiose (un gruppo
cristiano contro uno musulmano, ad esempio). È come un circolo vizioso:
le armi richiamano altre armi. Oltre a motivi politici, ci sono anche motivi
economici che spingono alla produzione e all’esportazione di armi:
le numerose industrie che producono armi devono cercare degli acquirenti
per non entrare in crisi, il Terzo mondo è il destinatario privilegiato.
Certo non si può dire che una gran presenza di armi costituisca la
causa di tanti conflitti, ma sicuramente permette che tali conflitti scoppino
con facilità, che si prolunghino nel tempo e che producano conseguenze
devastanti.
Fame e malattie
Se nei paesi industrializzati la quantità di cibo a disposizione
supera addirittura la richiesta, nel Terzo mondo è invece al di sotto
della soglia del sostentamento: ogni anno circa 40 milioni di persone muoiono
di fame nel mondo, circa 500 milioni di persone sopravvivono mangiando quantità
scarsissime di cibo. La fame causa anche numerose malattie, che, in presenza
di una situazione igienico e sanitaria insufficiente, degenerano in epidemie.
I bambini malnutriti non riescono a svilupparsi né fisicamente, né
mentalmente, non possono quindi lavorare. In una situazione simile le calamità
naturali (carestie, inondazioni, …) hanno conseguenze spaventose fino
a mettere in crisi la sopravvivenza di una popolazione.
Le comunità internazionali negli ultimi anni stanno organizzando
aiuti alimentari e finanziari che possano sostenere i paesi più poveri
nei periodi più critici.
L’infanzia
I bambini sono i primi ad essere colpiti dalla fame. Spesso muoiono per
malattie facilmente curabili dalla scienza, ma nel Terzo mondo mancano le
medicine o gli strumenti. Le bambine sono maggiormente colpite per motivi
culturali: si preferisce rivolgere il cibo, le attenzioni e le medicine
ai maschi perché questi ultimi hanno più possibilità
di lavorare e di aiutare la famiglia. Sono inoltre diffusi i matrimoni precoci:
la bimba viene spesso data in sposa già a tredici o quindici anni,
a questa età è più facile morire di parto. Moltissimi
bambini sono morti e continuano a morire nelle guerre che insanguinano il
pianeta, molti di loro vengono arruolati come soldati negli eserciti, altri
vengono rapiti o, più semplicemente, acquistati alle loro famiglie
per diventare degli schiavi, altri ancora lavorano ore ed ore per pochi
soldi. Infine i molti orfani, che vivono in strada, diventano facilmente
delinquenti o vengono avviati alla prostituzione.