Il terzo mondo oggi
“Paesi sottosviluppati”, “Paesi in via di sviluppo”
o “Terzo mondo”?
Negli anni Cinquanta si pensava allo sviluppo economico come a una specie
di scala: in cima alla scala c’erano i paesi industrializzati e ricchi:
gli Stati Uniti, l’Europa occidentale e settentrionale, il Giappone
e l’Australia. In mezzo alcuni stati che avevano già intrapreso
la via dello sviluppo, ma erano ancora un po’ indietro: Messico, Argentina
o Brasile, l’Europa dell’Est. In fondo alla scala tutti gli
altri. Si pensava che i paesi più poveri, che ora si trovavano in
fondo alla scala, avrebbero imitato i paesi più ricchi e li avrebbero
raggiunti dopo pochi anni, come se fosse una corsa ciclistica e gli ultimi
sarebbero alla fine arrivati al traguardo. Ma questo non è avvenuto,
infatti la disuguaglianza economica che separa il Nord del mondo dal Sud
è aumentata, invece di diminuire. Oggi rimangono ancora molti dubbi
sul sistema economico da adottare per salvare questi paesi dalla fame e
dalla povertà. Alcuni paesi seguono il sistema economico basato sul
modello americano (libera iniziativa), altri seguono il modello socialista
(iniziativa statale), altri ancora vorrebbero sperimentare nuovi tipi di
società che siano più rispettosi delle tradizioni locali e
della natura.
Oggi si preferisce parlare non tanto di “paesi sottosviluppati”,
ma di “paesi in via di sviluppo”. Questo termine
è preferibile, in primo luogo, perché questi paesi si stanno
muovendo verso uno sviluppo, e, in secondo luogo, perché dimostra
un maggiore rispetto nei confronti della dignità dei paesi poveri.
Anche l’espressione “Terzo mondo” risale agli anni Cinquanta:
la utilizzò per la prima volta lo studioso francese, Alfred Sauvy,
nel 1952. Lo studioso distingueva tra il “Primo mondo”, costituito
da quei paesi industrializzati il cui sistema economico ricalcava il modello
americano, il “Secondo mondo”, costituito da quei paesi che
avevano adottato il modello socialista, e il “Terzo mondo”,
costituito da tutti i paesi poveri. Questo termine ebbe fortuna anche tra
i leader dei paesi poveri perché rievoca il Terzo stato,
protagonista della Rivoluzione francese. Con questo termine si tende a raggruppare
un gruppo eterogeneo di paesi, le cui differenze aumentano sempre più:
alcuni paesi, come la Cina, hanno registrato negli ultimi anni una crescita
record; altri paesi, come l’India, hanno al proprio interno contraddizioni
profonde (aree moderne e industrializzate coesistono accanto ad aree molto
arretrate e povere); altri ancora, come l’Arabia Saudita, hanno raggiunto
elevati livelli di ricchezza, ma mancano di importanti requisiti dei paesi
sviluppati (la ricchezza è in mano ai pochi produttori di petrolio,
mentre il resto della popolazione vive in povertà). Oltre a questo
bisogna aggiungere che non esiste più un Secondo mondo, dopo la crisi
dei regimi comunisti. Ultimamente si è incominciato a parlare di
Quarto mondo per indicar quei paesi più sfavoriti, privi di materie
prime pregiate da esportare, colpiti da una povertà cronica. L’espressione
Terzo mondo continua ad essere usata per indicare genericamente le zone
più povere del nostro pianeta.