Il quadro di riferimento
Il contesto socio-economico
La rivoluzione industriale, nella seconda metà dell’Ottocento,
ha sconvolto il modo di vita tradizionale, ha indotto una trasformazione
rapida della società. I rapporti sociali sono diventati difficili
e freddi, molto simili a dei rapporti tra merci, piuttosto che tra persone.
Hanno iniziato a strutturarsi le premesse per i conflitti che opporranno
il proletariato alla borghesia.
Il sistema di produzione industriale annienta la personalità dell’individuo.
La società di massa che si va prefigurando appare come un ingranaggio
complesso, che condiziona le idee e i comportamenti del singolo. La stessa
opera d’arte diventa ora pari a una merce.
Le paure che originano da questi frenetici processi di trasformazione sociale
portano alla crisi dell’individuo, concezione che caratterizza l’intera
cultura decadente. Nel nuovo sistema economico l’intellettuale e l’artista
vengono posti ai margini, perdono ogni privilegio materiale e spirituale.
Per questo molti reagiscono accentuando la loro eccezionalità e la
loro diversità, isolandosi in una dimensione altra che non può
essere intaccata dalla massa.
Il Decadentismo
Il termine “decadentismo” originariamente indicava un determinato
movimento letterario, sorto in Francia sul finire dell’Ottocento,
caratterizzato da un preciso programma culturale, espresso esplicitamente
da manifesti e altre pubblicazioni. Si rivelò più tardi che
questo movimento era profondamente eterogeneo al suo interno, in seguito
il termine andò così a designare un’intera corrente
culturale, che coinvolse l’intera Europa e che possiamo collocare
a cavallo tra Ottocento e Novecento.
Alla base del decadentismo c’è il rifiuto dell’idea di
una scienza che possa spiegare tutti i fenomeni della realtà e possa
garantire il progresso della civiltà.
Il decadente ritiene che la
scienza non possa fornire una vera conoscenza della realtà, perché
l’essenza delle cose è avvolta nel mistero, soltanto abbandonando
un atteggiamento razionale è possibile raggiungere quello spazio
inconoscibile, che si trova dietro la realtà visibile. La realtà
più profonda e segreta è organizzata secondo una fitta rete
di analogie e corrispondenze. Portando alle estreme conseguenze questa concezione,
l’individualità finisce col confondersi con il tutto. Il luogo
in cui tale unione avviene è il piano dell’inconscio. Intorno
al 1890 Freud pubblica le sue prime opere, nelle quali si ripropone di investigare
con razionalità lo spazio dell’inconscio. Il decadente, invece,
ritiene che per attingere alla realtà più vera sia necessario
abbandonarsi a stati abnormi e irrazionali: la malattia, la follia, la nevrosi,
il delirio, il sogno, l’incubo, l’allucinazione, ecc. Soltanto
in questi stati di alterazione l’uomo è libero dai condizionamenti
della razionalità, cosicché gli sia permesso di vedere, seppure
in maniera confusa, il mistero che sta al di là delle cose.
L’estetismo
Non sono più gli scienziati a disporre degli strumenti per conoscere
la realtà delle cose, ma sono gli artisti i soli a poter spingere
lo sguardo verso dimensioni nuove dell’essere e rivelare l’assoluto.
L’arte diventa oggetto di culto, in questo senso si parla di estetismo.
L’esteta non basa il suo agire e giudicare su principi morali,
l’unico
punto di riferimento che ritiene valido è il “bello”
in senso artistico. Arte e vita si confondono, nel senso che la vita è
vissuta come se fosse un’opera d’arte, tutta la realtà
è filtrata dall’arte. L’esteta si circonda di oggetti
rari e preziosi e prova orrore per la banalità.
Oscar Wilde ha affermato: "Ho messo l’arte nella mia vita, nelle
mie opere solo il talento".