La fretta di andare in scena
A cura di Mario Restagno
Non si può pensare che sia sufficiente scegliere una “grande opera” per ottenere automaticamente dignità artistica a quanto si sta facendo. Molto spesso gli insegnanti propongono ai loro allievi allestimenti di opere classiche: vediamo così Shakespeare, Goldoni o Pirandello strapazzati in occasione di saggi di fine anno con gli applausi dei genitori, dei nonni e della parentela allargata.
Nella musica è ovvio doversi impegnare in un apprendistato per poter suonare in orchestra: nessuno pretende di consegnare uno strumento in mano ai ragazzi, affrontare una sinfonia di Beethoven ed eseguirla in pubblico poche settimane dopo. Se ci pensate bene, quando si danno le parti di “All the world is a stage” di William Shakespeare a ragazzi di II liceo senza prevedere alcuna formazione tecnica, si affida tutto alle spalle del povero autore che non può neppure lamentarsi di quanto avviene sulla scena. Quando mi si dice “ma è andato tutto bene, abbiamo ricevuto tanti applausi!”, non ci si rende conto che questo avviene per l’ignoranza e la diseducazione del nostro pubblico, pronto ad applaudire lo spettacolo e non l’arte.
Ma proviamo a vedere la situazione dalla parte dell’autore. Quanti dei nostri allievi, interrogati in classe, saprebbero recitare (e non ripetere semplicemente a memoria!) una poesia? Magari curando la dizione? Non vi sembra presuntuoso affrontare un classico senza aver neppure preso confidenza con le basi dell’espressione verbale? La fretta di occupare la scena porta a scegliere opere “sicure” mettendo in secondo piano il giusto e doveroso peso che si dovrebbe dare alla formazione tecnica dell’attore. Il giovane allievo riceve questo messaggio: non è importante saper recitare, l’importante è che il testo sia di un “autore autorevole”.
Questo è un primo grave errore educativo che riscontro nell’animazione teatrale perché insegna la scorciatoia al successo. Invece ci vuole pazienza: nell’educazione i risultati si ottengono con un lavoro costante e quotidiano, e lo stesso vale per il teatro. Ma spesso non crediamo che lo studio della recitazione abbia le stesse regole dello studio della matematica, della letteratura, delle scienze…
Non si dà alle arti sceniche la stessa valenza educativa-formativa delle altre discipline e in questo modo si avvalla la mentalità superficiale che sta alle spalle di grande parte del mondo dello spettacolo commerciale quotidianamente propinato dalla televisione. Cominciate con testi più semplici, più “amatoriali” se vogliamo, piuttosto elaborati dai ragazzi stessi, mostrando come ci sia un percorso da fare per raggiungere certi traguardi.