A scuola!
A cura di Mario Restagno
Da quando Kostantin Sergeevič Stanislavskij ha pubblicato il “sistema”, le arti sceniche hanno subìto una rivoluzione copernicana: come tutte le arti, anche la recitazione si “studia” e non è solo frutto di talento o improvvisazione.
Questa lezione non è stata ancora del tutto accolta nel nostro paese che si crogiola spesso sul fatto di essere la patria della commedia dell’arte e di aver colonizzato l’Europa con le sue compagnie girovaghe: tutto questo è il passato, oggi noi siamo una piccola provincia con un piccolo peso nel mondo globale dello spettacolo e della comunicazione.
Il secolo appena trascorso ha segnato profondi cambiamenti nelle arti della scena. Sono nati i nuovi media: Radio, Cinema, Televisione e ultimamente il Web. Il palcoscenico non è più l’unico o privilegiato luogo deputato ad accogliere una rappresentazione scenica e gli attori, per avere più opportunità lavorative, hanno dovuto imparare ad esprimersi attraverso diversi linguaggi. Tutto si complica maggiormente se si pensa che anche la tipologia degli spettacoli proposti è ormai difficilmente definibile: ritroviamo frequentemente rappresentazioni teatrali eterogenee che contengono pezzi di recitazione insieme a musiche e a canzoni e, perché no, intermezzi coreografici o proiezioni di video. I generi non sono più fissi come un tempo e inviolabili, ma fluidi ed oggetto di nuove sperimentazioni.
Le scuole
La professione dell’attore oggi richiede duttilità e questo lo riteniamo un valore, tuttavia, in Italia, non tutti convergono su questo e in particolare, gli enti formativi accademici di lunga tradizione, non considerano un valore la duttilità dell’attore per una serie di motivi:
- convinzione che la specializzazione sia più efficace;
- convinzione aristocratica che solo il “palcoscenico teatrale sia vera arte”;
- mancato rinnovamento culturale, professionale e soprattutto didattico;
- giudizio negativo nei confronti dei nuovi mezzi espressivi come la TV.
Nei confronti di quest’ultimo fattore è necessario spezzare una lancia: il panorama italiano non offre agli attori molti impieghi di qualità nella televisione. Vedere un proprio allievo inserito nell’ennesimo reality non è certamente motivo di soddisfazione per un insegnante. Il mondo dello spettacolo riflette pregi e difetti della nostra società: in qualsiasi professione si possono incontrare ambienti dove si lavora con entusiasmo, coscienza e serietà, e ambienti dove denaro e successo sono gli unici stimoli professionali.
In questa fase, dove le Istituzioni sono assenti con proposte formative qualificanti nella “formazione globale”, si è aperto un mercato che è stato occupato da una serie di interventi privati: molte di queste scuole ultimamente nate sottendono spesso solo una finalità commerciale. Gli imprenditori hanno colto questa esigenza e rispondono con operazioni di marketing ben impostate dietro cui si cela un pauroso vuoto didattico e culturale. Chiunque può improvvisarsi insegnante basandosi sulla tesi che “ho fatto spettacoli quindi so…”: la lezione di Kostantin Sergeevič Stanislavskij non è stata accolta!
Che cosa richiedere ad una scuola di arti sceniche?
Innanzitutto una scuola seria dura almeno tre anni, con uno studio quotidiano di un minimo di sei/sette ore, 1000/1200 ore annue. Da una nostra indagine sulle proposte che si trovano pubblicizzate su Internet, vi sono centri che assicurano risultati con molto meno impegno. Nella scelta gli elementi da tenere in considerazione sono:
- Corsi Istituzionali (quelli fondamentali) affidati a docenti che garantiscono continuità: non serve fare 30 ore di canto in una settimana, sospendere per 2 mesi, e poi riprendere quando l’insegnante è di nuovo libero dagli spettacoli! Non è necessario possedere una laurea in pedagogia per comprendere che i tempi di apprendimento degli essere umani richiedono piccole dosi in continuità per radicarsi e diventare patrimonio personale.
- Formazione culturale: una scuola seria non può limitarsi a curare solo l’aspetto tecnico-artistico. Il programma deve prevedere lo studio di materie che permettano di conoscere la storia delle arti: cinema, danza, teatro, musica, pittura. Nelle migliori scuole si troveranno materie destinate a costruire un pensiero culturale e artistico: filosofia dello spettacolo, antropologia, psicologia. Altre discipline sono utilissime agli artisti per muoversi nel mondo dello spettacolo, come lo studio delle lingue straniere.
- Finalità no-profit: fare attenzione quando dietro la scuola c’è una società di produzione di spettacoli poiché nascono diversi conflitti di interesse. Spesso la scuola diventa un serbatoio di giovani che possono “lavorare sottocosto”: dopo pochi mesi di scuola li si mette subito a lavorare senza completare l’iter formativo (affermando che tanto impareranno sul campo) e nel contempo, essendo giovani alle prime armi, si dovranno anche accontentare economicamente.