Intervista a Mauro Simone
Il mondo dello spettacolo appare lontano e irraggiungibile, avvolto da un alone di mistero che ci affascina. Le persone che lavorano nel mondo dello spettacolo non sono però geni o supereroi, ma persone normali che hanno iniziato come tanti a studiare canto, danza o recitazione fin da ragazzini. Licontraddistinguono unagrande forzad’animo,caparbietà, amore per il palcoscenico epassione per il loro mestiere. Perconoscerli meglio abbiamo intervistato un giovane attore che ha già calcato i più importanti teatri italiani con le più famose compagnie.
Mauro Simone nasce a Trani il 14/05/1979.
È attore e regista teatrale. Molto generosamente ci ha dedicato del tempo per rispondere alle nostre domande e curiosità.
Trascrizione dell'intervista
Cosa sognavi di fare quand’eri piccolo?
Sognavo di fare il pittore perché dipingevo già da piccolo, poi ho fatto il liceo artistico e lì ho maturato la convinzione di voler fare il restauratore di affreschi e dipinti. Nel frattempo facevo anche teatro, che ho iniziato a praticare già dall’età di 7 anni. A 18 anni, invece, mi sono reso conto che il teatro non era un hobby, ma quello che veramente volevo fare, perché mi sono ritrovato un giorno davanti ad un affresco e mi sono chiesto “Ma cosa ci faccio qua?” e così mi sono accorto che volevo essere sul palcoscenico e non lì col camice bianco.
Quando hai partecipato al primo spettacolo teatrale?
Avevo 7 anni e mezzo, interpretavo il Grillo Parlante con le musiche di Bennato in una compagnia semi-professionale. Dopodiché sono entrato in varie compagnie locali e nel frattempo facevo dei corsi e studiavo nel pomeriggio. A 17 anni ho iniziato a fare danza e ho avuto in regalo dai miei genitori il biglietto per andare a vedere Grease con la Cuccarini. Finito di vedere quello spettacolo, mi sono detto “Voglio essere su quel palcoscenico, con quegli attori, in quello spettacolo”. Era l’aprile del 1998 e magicamente nel febbraio dell’anno successivo ero in scena con Lorella Cuccarini, Giancarlo Ingrassia, Mal, ecc.
Parlaci del provino.
Ho fatto il provino così in modo abbastanza incosciente e inconsapevole. Pensavo cercassero comparse, invece mi sono ritrovato ad essere uno dei T-Birds, ad avere una canzone e ad avere un ruolo. Improvvisamente mi sono ritrovato davanti a 2500 persone e mi sono reso conto che non era un gioco. Poi sono andato avanti: ho fatto A qualcuno piace caldo, con Tognazzi e Gassman, fino ad arrivare allo spettacolo più grande che ho fatto, Pinocchio dei Pooh e della compagnia della Rancia.
Cosa vorresti fare oggi?
Fare regia perché ho sempre guardato quello che facevano gli altri e pensavo che l'avrei fatto diversamente, poi sbirciavo per capire come usare le luci, continuavo a disegnare per le scenografie, aiutavo per i costumi.
Quali sono le tue prime esperienze come regista?
La prima è un musical per Manuel Frattini che abbiamo chiamato Toc Toc A Time For A Musical, e poi 3MSC Tre Metri Sopra il Cielo in collaborazione con Federico Moccia, che è stato il salto che mi ha permesso di essere “popolare”. Nel frattempo ho continuato con l’insegnamento, che è una cosa che faccio con amore e con passione.
Difficoltà iniziali?
La difficoltà più grande per me era la danza, perché io sono principalmente un attore cantante. All’estero insegnano la materia “musical” già nelle scuole, quindi un bambino entra in quella logica, cioè inizia a fare danza, cantare e recitare fin da piccolo, quindi c’è una preparazione e una cultura differente. Poi dei miei colleghi mi hanno costretto a fare lezione di danza classica tutti i giorni. Io mi vergognavo tantissimo perché ero una schiappa. Poi però ho capito che in realtà stavo scappando da una mia paura, che era quella di mostrarmi per quello che sono, con i miei errori. A un certo punto, nel momento in cui ho mollato questa paura, ho iniziato a imparare veramente a danzare e ad utilizzare quello che sapevo fare. Io non sono dotatissimo, però ho capito che se vuoi fare musical non c’è bisogno di avere necessariamente queste doti. Ovviamente se si vuole andare a ballare alla Scalda di Milano devi avere il fisico adatto, ma volendo io interpretare ruoli ballati cantati e recitati era sufficiente quello che avevo.
E’ facile entrare nel mondo dello spettacolo?
Le cose sono cambiate. Quando ho iniziato io, c’era meno gente preparata, perché non c’erano tutte queste scuole di musical in Italia. Adesso la gente arriva con una preparazione molto alta, quindi trovi già le persone che sanno fare tutte e tre le cose. Il punto è che non basta soltanto la bravura o il talento, ma serve ad esempio il fisico giusto, il viso giusto. Magari molto spesso capita che tu sei perfetto per quel ruolo e hai un compagno di scena che però accanto a te non funziona, quindi bisogna fare una scelta tra i due.
Hai mai avuto raccomandazioni?
Io non ho mai avuto raccomandazioni, sono felice di essere arrivato a fare tutto quello che ho fatto senza nessuna spintarella, ma con il mio talento . Anche perché io arrivavo dalla Puglia con furore, non conoscendo nessuno.
Cosa fare se uno volesse intraprendere questa strada?
Prima di tutto comunicarlo ai genitori e far capire che questo è un vero mestiere e non una passeggiata o una perdita di tempo. Purtroppo in Italia è normale che qualcuno ti chieda: - Cosa fai di lavoro? - L’attore - Sì, d’accordo, ma come ti mantieni? - Eh, faccio l’attore.
In secondo luogo bisogna sentire qual è la propria strada, “cosa voglio fare?”: il musical, il ballerino, il ballerino contemporaneo, l’attore di prosa, l’attore comico. Il teatro per fortuna ti permette di fare qualsiasi cosa. Se magari non sai qual è la tua strada, allora puoi fare l’Accademia dello Spettacolo, per esempio, e, mentre frequenti i corsi, capisci che invece vuoi fare l’attore di prosa. Allora completi quello studio e poi vai avanti ad approfondire la nuova strada. La vita è un cammino, l’importante è essere aperti e ricevere qualsiasi tipo di impulso che ti permette di crescere, migliorarti e andare avanti.
Dopo la scuola?
Se durante l’Accademia il ragazzo ha preparato un buon curriculum e un buon book fotografico, questo è già un ottimo punto di partenza. Molto spesso si arriva alle audizioni con un curriculum scritto male, con la foto fatta in cucina con dietro i piatti. Bisogna far veder la propria professionalità. Nel momento in cui si arriva poi a fare un’audizione, bisogna capire, ad esempio rispetto al musical, qual è la canzone che ti descriva meglio. Molto spesso si portano delle canzoni perché piacciono. Non devono piacere all’attore. Se l’audizione è per uno spettacolo teatrale, bisogna prendere un monologo teatrale, se il provino è per il cinema, allora si sceglie qualcos’altro di adatto al cinema.
Hai dei consigli anche per la danza?
Studiare con vari insegnanti, prendere vari stili, perché nel momento in cui tu vai a fare un’audizione non ci sarà uno stile che ti viene richiesto: non c’è solo il jazz, ce ne sono duemila. Ci sarà la possibilità di fare un musical classico, un musical hip-hop, un musical rock. Devi essere pronto a dare non solo il tuo stile: non puoi ballare hip-hop nel pezzo di Sette spose per sette fratelli, a meno che non sia espressamente richiesto.
Il bello del mestiere…
Fai un sacco di cose, visiti un sacco di città, perché sei in tournée dai 5 agli 8 mesi. Vai in scena tutte le sere, quindi hai la giornata libera, cosa che ti permette di visitare i musei e di goderti la città e i posti.
Il brutto del mestiere…
Sei lontano da casa. La tua casa diventa una valigia. Mangi tutte le sere nei ristoranti. Mangi sempre con le stesse persone, fai colazione con le stesse persone, dormi con le stesse persone. Dopo 5 -8 mesi ti senti un po’ stanco.
E la paga?
Le paghe sono molto basse in Italia. Soprattutto all’inizio ti pagano con la minima sindacale, quindi pur di lavorare uno fa di tutto e si accontenta. Diciamo che non siamo tutelati noi artisti in Italia. Questo non è un problema di noi artisti ma è un problema dello Stato italiano, che non tutela l’arte. Questo perché l’arte in Italia non è ancora riconosciuta. Se ci pensi non esiste una laurea per i danzatori, per gli attori, per i cantanti!
Che cosa ti piace del musical ?
Nel musical per ora niente, nel senso che non c’è un musical per adesso che mi soddisfi, così come quando vado all’estero perché non c’è una ricerca della verità. C’è una ricerca del bello, della cosa estetica, del vedere la bella scenografia, la bella coreografia, il bel canto. Vedo tanti attori che hanno voglia di mostrarsi e non di donare qualcosa, quindi non c’è niente per adesso che mi piace. Posso dirti quel che mi piace all’estero: ho visto degli spettacoli meravigliosi, dei musical meravigliosi. Sono andato a vedere tantissime volte Billy Elliot e ho pianto tutte le volte, perché non è solo la storia ad essere toccante, ma vedi un’umanità in scena, vedi questi ragazzini di dodici anni che sono dei mostri della natura. Ma non è come in Italia dove ne puoi trovare uno bravissimo tra tanti, lì nel cast ci sono 5 diversi interpreti per la parte del protagonista, io ne ho visti tre e sono tutti bravi nello stesso modo. Normalmente dai ragazzini ci si accontenta di poco. Però poi ci si chiede come mai un bambino di dodici anni dopo tre minuti di canzone, due di coreografica, altri due minuti di canzone riesca a fare il salto sul muro di Donald O’Connor in Cantando sotto la pioggia, oppure meraviglia vedere che mentre canta la canzone della lettera della madre il ragazzino pianga veramente, non perché gli venga ordinato ma perché piange col cuore. Allora ci si rende conto che esiste l’arte, che esiste una verità di scena, che si può ottenerla.
Come si arriva a lavorare sulla verità scenica?
Il metodo formativo, il tipo di studio che si fa, gli insegnanti che incontri, dipende da tante cose. Io ho incontrato dei maestri che mi hanno portato a lavorare sulla verità scenica.
Il tuo sogno?
Portare poco per volta qualcosa che faccia capire al pubblico italiano che il teatro non è la tv. Il problema è che prima la tv italiana veniva fatta dalla gente del teatro, quindi avevamo Walter Chiari, Delia Scala, Paolo Panelli, Bice Valori, grandi attori che facevano tv. Poi la tv ha iniziato a utilizzare gente presa dalla strada e a teatro vedi la gente che fa tv.
Cosa fare dopo l’accademia?
Nel momento in cui finisce la scuola ed entri nel mondo del lavoro, soprattutto all’inizio, sei disorientato, perché non cammini con gli altri, con la tua classe o compagnia, ma cammini da solo. La forza del singolo deve farsi valere e all’inizio questo ti porta un sacco di paure, però è quello che ti permette di capire se hai veramente voglia di fare questo mestiere o meno. Quando inizi a lavorare capisci come equilibrarti o come restare centrato, come lavorare con i tuoi colleghi, come proporti alle audizioni.