- Intervista con Mario Restagno -
Note di animazione teatrale
Nell’insegnamento delle discipline classiche esiste una sostanziosa letteratura e un insegnante può trovare tanti aiutiQuando si affronta un’attività di animazione teatrale spesso ci si trova disarmati.
In queste pagine vogliamo segnalare alcuni principi che, se ispirano la vostra attività, possono garantirvi risultati educativi.
Arte e spettacolo.
Lo spettacolo in sé non è arte, è solo una rappresentazione pubblica. Lo spettacolo, in ambito educativo, si caratterizza da valori ambivalenti: può alimentare narcisismi o protagonismi dannosi alla formazione di una personalità equilibrata. Affinché lo spettacolo diventi un momento di crescita culturale e spirituale deve perseguire un progetto artistico e non un progetto di “fama o successo”: è il fine che attribuisce dignità a quanto si porta in scena.
Per cogliere tutte le opportunità educative del teatro bisogna perseguire il valore dell’arte.
Facile a dirsi, ma non sempre a farsi!
In realtà, vorrei quasi dire, che non è importante se si fa questo spettacolo o quello, addirittura non è importante neppure se si fa teatro… ciò che è veramente importante è fare arte, educare i bambini, i ragazzi e i giovani all’arte.
Il teatro diventa così un modo di educare all’arte, ma, se l’arte manca, è facile comprendere come tanti sforzi possano cadere nel vuoto.
Qui il tema diventa complesso… non c’è lo spazio per una trattazione sistematica, ma concedetemi di esprimere alcune idee.
La fretta di andare in scena
Non si può pensare che sia sufficiente scegliere una “grande opera” per ottenere automaticamente dignità artistica a quanto si sta facendo.
Molto spesso gli insegnanti propongono ai loro allievi allestimenti di opere classiche. Vediamo così Shakespeare, Goldoni o Pirandello strapazzati in occasione di saggi di fine anno con gli applausi dei genitori, dei nonni e della parentela allargata.
Nella musica è ovvio doversi impegnare in un apprendistato per poter suonare in orchestra: nessuno si immagina di consegnare uno strumento in mano ai ragazzi, affrontare una sinfonia di Beethoven ed eseguirla in pubblico poche settimane dopo.
Se ci pensate bene, quando si danno le parti di “All the world is a stage” di William Shakespeare a ragazzi di II liceo senza prevedere alcuna formazione tecnica preparatoria, si affida tutto alle spalle del povero autore che non può neppure lamentarsi di quanto avviene sulla scena.
Quando mi si dice “ma è andato tutto bene, abbiamo ricevuto tanti applausi!”, non ci si rende conto che questo avviene per l’ignoranza e la diseducazione del nostro pubblico, pronto ad applaudire lo spettacolo e non l’arte.
Visto dalla parte dell’autore, permettetemi di segnalare quanto questo tipo di intervento sia un tantino offensivo.
Quanti dei nostri allievi, interrogati in classe, saprebbero recitare (e non ripetere semplicemente a memoria!) una poesia? Magari curando la dizione?
Non vi sembra presuntuoso affrontare un classico senza aver neppure preso confidenza con le basi dell’espressione verbale?
Non condividete che in tutto questo si esprima una certa superficialità?
La fretta di occupare la scena porta a scegliere opere “sicure” mettendo in secondo piano il giusto e doveroso peso che si dovrebbe dare alla formazione tecnica dell’attore.
Il giovane allievo riceve questo messaggio: non è importante saper recitare, l’importante è che il testo sia di un “autore autorevole”.
Questo è un primo grave errore educativo che riscontro nell’animazione teatrale perché insegna la scorciatoia al successo.
Invece ci vuole pazienza: nell’educazione i risultati si ottengono con un lavoro costante e quotidiano, e lo stesso vale per il teatro.
Ma spesso non crediamo che lo studio della recitazione abbia le stesse regole dello studio della matematica, della letteratura, delle scienze…
Non si dà al teatro la stessa valenza educativa-formativa delle altre discipline.
In questo modo si avvalla la mentalità superficiale che sta alle spalle di grande parte del mondo dello spettacolo commerciale.
Bisogna invece cominciare con testi più semplici, più “amatoriali” se vogliamo, piuttosto elaborati dai ragazzi stessi, mostrando come ci sia un percorso da fare per raggiungere certi traguardi.
“Il Gigante Egoista” vuole rispondere a questa necessità di testi adatti ai giovani.
Il protagonismo
Nel mondo dello spettacolo “ufficiale” la fame di fama e denaro rende umiliante l’attività artistica che viene ispirata dai criteri dell’audience: tale meccanismo, che siamo pronti a condannare, si può facilmente riproporre quando nell’ambito scolastico un allievo ha l’occasione di presentarsi su un palco.
Gli insegnanti, gli educatori o gli animatori che decidono di avventurarsi nell’allestimento di uno spettacolo teatrale hanno una grande responsabilità formativa. Il teatro offre un momento privilegiato di incontro dove i giovani si svelano e si mettono in gioco: chi utilizza il teatro come attività integrativa sa benissimo quanti sacrifici, ma quante soddisfazioni si raccolgono al termine di una rappresentazione.
Tuttavia, questo lavoro encomiabile, diventa uno sforzo inutile quando è affrontato con il più o meno ben celato fine di avere come premio il “centro dell’attenzione”.
Teniamo presente che l’elemento esibizionistico non può essere cancellato, anzi, in giusta dose è necessario.
Come controllarlo? Come fare in modo che venga contenuto entro limiti accettabili?
Nella mia esperienza, la cura che si è rivelata più efficace è l’educazione all’apprendistato.
Arte è apprendistato
Qualsiasi attività umana può diventare un’arte: infatti si dice di un falegname, si dice di un idraulico, si dice di un panettiere, si dice di una sarta… si dice di chiunque nel suo lavoro riesca a dare "qualcosa di più".
Il lavoro, la dedizione, l’acquisizione di una tecnica e il suo perfezionamento fanno sì che noi definiamo “arte” una data attività.
Alcune attività sono definite di per sé già arte probabilmente perché hanno perso del tutto il connotato funzionale che le caratterizzava. Se il panettiere facesse il pane non per essere mangiato, significa che la sua attività è passata dalla finalità primaria, quella di alimentare il corpo, ad una “secondaria” o ulteriore, alimentare lo spirito.
Con questa riflessione voglio soltanto evidenziare come l’arte abbia origine da una pratica umana.
Recitare è l’arte di parlare, di comunicare, di raccontare, attività che tutti pratichiamo quotidianamente. Per diventare arte necessita di cura e studio.
Se i giovani possono ottenere il “centro della scena” con un monologo tratto da Romeo e Giulietta senza il giusto apprendistato, il nostro messaggio educativo non è molto diverso da quello che ricevono guardando quelle trasmissioni televisive dove esimii sconosciuti, partecipando ad un reality, diventano famosi.
Come scrivere un tema, risolvere un problema di matematica, studiare un capitolo di storia richiedono fatica ed impegno, così è anche per il teatro.
Fate in modo che i vostri allievi conoscano questa importante componente dell’arte: l’apprendistato.