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Il Gigante Egoista

- Intervista con Mario Restagno -

Come nasce una commedia musicale?

Posso rispondere come nascono le nostre commedie poiché non credo che esista un unico modo buono.

1. Trovare la storia
Bisogna trovare una storia che sia adattabile al palcoscenico. Non tutte le storie si adattano con facilità alla dimensione dello spazio fisso. Per alcuni secoli il teatro ha cercato di far viaggiare la fantasia del pubblico presentando ricostruzioni di scene e luoghi lontani: c’è stato un tempo che sul palco, nello stesso spettacolo, si alternavano sfilate di animali da circo, lussuose ambientazioni, battaglie navali… Oggi tutto questo lo fa molto meglio il cinema! Cimentarsi in una storia con tanti cambi di scena significa immediatamente creare problemi di spesa non indifferenti.
Pensando che la nostra proposta si doveva rivolgere alle scuole, abbiamo cercato una storia che non avesse bisogno di effetti speciali per impressionare.

2. Le coincidenze
L’associazione Missioni don Bosco mi chiese: “Che cosa faresti per far riflettere i giovani e i ragazzi sul tema della solidarietà?”. Nel contempo la scuola elementare San Giuseppe Cafasso di Torino cercava un testo “nuovo” da mettere in scena per la fine dell’anno. Una maestra suggerì la storia di Oscar Wilde, “The Selfish Giant”. Così è nata l’idea di sperimentare un percorso interdisciplinare che è durato tutto l’anno scolastico 2003-2004… quello che, più o meno, ora trovate in questo dvd-rom.

Perché il Gigante Egoista?
La storia ha un forte contenuto etico. Leggendola ho pensato: “Noi siamo i giganti del benessere, noi che viviamo in Europa, in Italia… ci lamentiamo, vogliamo sempre di più, ma in realtà viviamo nell’abbondanza. Ci comportiamo spesso come il Gigante di Oscar Wilde: il nostro giardino lo vogliamo tutto e solo per noi. È una scelta di chiusura che lentamente porta la tristezza nella nostra vita: l’apertura, la condivisione, la comunione dei beni invece porta alla pace e alla felicità.”
Era ciò che serviva per far riflettere i nostri figli sulla solidarietà.

La PrimaveraPerché il musical?
Dovendo rivolgermi ai ragazzi ho pensato che oggi il linguaggio della danza, del canto, della recitazione fosse il più adatto per comunicare con loro. È vero, tali linguaggi paiono piuttosto esclusivi di un mondo dello spettacolo frivolo e commerciale che di tutto si interessa, tranne della solidarietà, e quando lo fa, nasconde sempre un tornaconto di immagine e pubblicità.
Ma tant’è che qualcuno disse che non sono i mezzi ad essere in sé negativi, quanto piuttosto l’uso che noi ne facciamo… e allora perché non sfidare ad un uso diverso di questi linguaggi?

Perché il videoclip?
Uno spettacolo teatrale va visto in teatro… anche il più bello degli spettacoli,  portato in televisione, viene snaturato: il teatro ha dei tempi e ritmi diversi, ha bisogno del contatto diretto con il pubblico.
Riprendere semplicemente “Il Gigante Egoista” non sarebbe stato sufficiente per tenere desta l’attenzione dei ragazzi.
Gli adolescenti sono molto interessati ai videoclip, quelle storie di pochi minuti che commentano una canzone. Il canto e la danza sono protagonisti di questi prodotti… a volte anche la recitazione. Ci sono canali TV che trasmettono continuamente videoclip: i ragazzi ne sono affascinati. Temi e contenuti non sono propriamente educativi: d’altronde lo scopo è attirare l’attenzione a qualsiasi costo.
Perché non portare la sfida su questo campo?
Perché non dare al musical il ritmo e lo stile di un videoclip, ma della durata di 40 minuti?