Costituzione Italiana
La Costituzione della Repubblica italiana, entrata in vigore il 1º gennaio 1948, è la legge fondamentale e fondativa dello Stato italiano. La Costituzione è stato il frutto di due anni di incessante lavoro dell’Assemblea Costituente, eletta a suffragio universale diretto e segreto, della quale inizialmente fecero parte 207 democristiani, 115 socialisti e 104 comunisti su 556 componenti. La ferma volontà di strutturare le basi di un’organizzazione statale che impedisse l’instaurazione di regimi autoritari, come quello fascista, accomunava tutte le forze politiche che partecipavano alla sua stesura.
Mentre lo Statuto albertino, che rese l’Italia una monarchia costituzionale e rimase in vigore dal 4 marzo del 1848 al 1º gennaio del 1948, era di tipo flessibile, cioè derogabile in forza di un atto legislativo, motivo per il quale lo stato italiano passò dall’essere una monarchia costituzionale a una monarchia parlamentare e, con l’avvento del fascismo, fu deviato verso un regime autoritario, le norme costituzionali non possono essere abrogate o modificate con semplici leggi ordinarie, ma con un iter molto più lungo e complesso. Nonostante la sua rigidità, la Costituzione italiana è un testo normativo aperto, nel senso che dà adito a possibilità interpretative differenti, purché sempre ispirate al primato della persona ed ai principi fondamentali di libertà e giustizia sociale.
La Costituzione si compone di 139 articoli ed è suddivisa in due parti: la prima, “Dei diritti e dei doveri dei cittadini”, si occupa appunto delle libertà e degli obblighi dei cittadini relativamente la dimensione politica, sociale ed economica, mentre la seconda, “Ordinamento della Repubblica italiana”, stabilisce l’organizzazione statale e i rapporti tra i diversi enti istituzionali. A precedere queste due sezioni vi sono 12 articoli, denominati “Principi fondamentali”, che costituiscono l’anima ispiratrice della carta costituzionale, ma, pur essendo di carattere generale, sono intesi come vere e proprie disposizioni giuridiche. I Principi fondamentali offrono inoltre un mirabile esempio di come siano riuscite a integrarsi, quasi fondersi, tre diverse culture, quella cattolica, quella marxista e la liberal democratica. A conclusione sono state inseriti 18 articoli sotto il titolo “Disposizioni tranistorie e finali”, riguardanti situazioni relative al passaggio dal vecchio al nuovo regime.
Per quanto sia impossibile offrire una sintesi, potrebbe essere comunque di utilità indicare alcuni punti essenziali della carta costituzionale che si riferiscono più precisamente ai diritti fondamentali dell’uomo che si vogliono garantire:
- La Repubblica si propone come democratica e fondata sul lavoro, che garantisce e riconosce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si volge la sua personalità. Inoltre il fatto che si esplichi che la Repubblica italiana sia fondata sul lavoro, oltre ad attribuire un grande rilievo al lavoro e ai lavoratori, ha importanza anche per quello che esclude: si nega, cioè, che sia fondata sul privilegio, sul titolo nobiliare, ecc.
Si dichiara che tutti i cittadini hanno “pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”(Art.3). Vengono inoltre elencate le libertà che devono essere garantite ai cittadini, ma soprattutto si garantisce la possibilità per il cittadino di svolgere appieno la propria personalità individuale. - La Costituzione dedica tantissimi articoli al riconoscimento delle libertà individuali (42 articoli) e al principio di eguaglianza. Occorre però una precisazione: perché questi diritti non rimangano solo su carta, occorre che si predispongano le condizioni che lo rendono effettivo: se ad esempio si dichiara che la salute è un diritto dell’individuo, bisogna fare in modo che anche gli indigenti possano curarsi. Ne deduciamo quindi che libertà ed uguaglianza devono procedere di pari passo, anche se la storia ci ha dimostrato quanto da questo punto di vista gli ordinamenti normativi si siano rilevati fragili.
- La Costituzione si rivolge ora ai cittadini, ora agli uomini in generale. Questo non vuol dire che ove si parli di cittadini, si escludano automaticamente gli stranieri dal godimento dei diritti ivi contenuti. Se certamente gli stranieri sono esclusi dai diritti e doveri politici, non c’è ragione per cui essi vengano esclusi da tutti gli altri diritti, compreso quello al lavoro. (T. Martines, Diritto costituzionale, Milano, Giuffré, 1992)
- Lo Stato si dichiara laico o aconfessionale e garantisce il diritto di culto per tutte le confessioni religiose. In realtà la Chiesa cattolica gode oggi, rispetto alle altre confessioni, di maggiori privilegi. Effettivamente nell’art. 7 viene riconosciuta soltanto alla Chiesa cattolica il carattere di ente sovrano. Si può dedurre che mentre l’eguaglianza dei singoli venga riconosciuta, lo stesso non avviene per le confessioni religiose
- “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa” (Art.11): l’Italia si propone come paese pacifista, anche se ammette le guerre difensive, infatti l’art. 52 definisce “sacro” il dovere di ogni cittadino di difendere la Patria. Si ammette inoltre che la sovranità statale, in condizioni di parità, possa essere limitata, cosa che permette all’Italia di prendere parte ad organismi internazionali, come l’Onu (di cui si prevedeva la partecipazione all’epoca della stesura della Carta) e la Comunità Europea.
Dopo più di 60 anni dalla sua entrata in vigore, purtroppo alcune norme non sono state ancora completamente realizzate:
- prima fra tutte è quella contenuta nella seconda parte dell’Art. 3: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”
L’Art. 3 è strettamente legata a quanto stabilito dall’Art. 4 ed è anch’esso ancora non pienamente attuato: “ La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto” - Art.40: “Il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano”: per molti anni l’assenza di una legge ordinaria che disciplinasse lo sciopero ha costituito un vuoto legislativo, che è stato temporaneamente colmato dalle sentenze della Corte costituzionale e dalla giurisprudenza ordinaria. In Italia esiste una disciplina specifica (legge 146/90, poi modificata dalla 83/2000) soltanto per lo sciopero nei servizi pubblici essenziali
- Art. 39, per quel che concerne la sua seconda parte: “Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge. È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica. I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce”. Non c’è ad oggi alcuna legislazione specifica volta ad applicare le intenzioni contenute nell’Art. 39.