L’uomo dal fiore in bocca | Trama ragionata

uomo dal fiore in bocca

L’uomo dal fiore in bocca è un atto unico di Luigi Pirandello che andò in scena per la prima volta il 21 febbraio 1923 al Teatro degli Indipendenti di Roma.
Il testo teatrale è tratto da una novella scritta anni prima e intitolata Caffè notturno (1918) e poi La morte addosso (1923).

Personaggi

L’Uomo dal fiore in bocca
In pacifico avventore

Ambientazione

Di notte, poco dopo mezzanotte, davanti a un caffè notturno.

Trama

L’uomo dal fiore in bocca, si trova seduto a uno dei tavolini e inizia a conversare con un altro uomo, un avventore pacifico che ha appena perso il treno.
All’inizio la conversazione è leggera e scherzosa: parlano dei fastidi legati ai pacchi da portare in vacanza, delle mogli e delle figlie che chiedono mille cose, e di quanto possa essere stressante partire per la villeggiatura.
Man mano che il dialogo procede, però, il tono cambia.
L’Uomo dal fiore in bocca diventa più serio e riflessivo.
Si scopre che è gravemente malato, ha un tumore alla bocca, e sa di avere solo pochi mesi di vita.
Quel “fiore in bocca” è proprio il segno della sua malattia.
Da quando ha ricevuto la diagnosi, si sente escluso dalla vita vera, come se fosse già in attesa della fine.
Per affrontare questa realtà insopportabile, ha sviluppato un’abitudine: osserva le persone estranee, si immagina le loro vite, i loro pensieri, le loro case.
In questo modo cerca di restare aggrappato all’esistenza, anche se non sua.
L’Uomo dal fiore in bocca dice che non prova piacere in tutto questo.
Anzi, lo fa per rendersi conto ancora di più di quanto la vita sia fatta di cose vane, leggere, spesso sciocche, eppure preziose proprio perché destinate a finire.
Parla anche della moglie che lo segue da lontano senza farsi notare.
Cerca di prendersi cura di lui, ma lui la respinge con rabbia e dolore, incapace di accettare il suo amore.
Alla fine del monologo, chiede all’avventore, quando arriverà al paesino dove è diretto, di contare i fili d’erba lungo la strada, perché vivrà ancora tanti giorni quanti saranno quei fili.
È un gesto simbolico, quasi infantile, che però mostra quanto l’uomo si aggrappi a ogni piccola speranza per resistere alla paura della morte.
Poi si allontana, canticchiando, mentre l’altro uomo resta in silenzio, colpito e turbato da quell’incontro inaspettato.

Altri articoli

Così è (se vi pare)

Questa sera si recita a soggetto – copione

[SFA, “Storia del Teatro” – Relazione a cura di Alice Cavazzini]

Alice Cavazzini

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